La storia è lunga, la storia è tanta, la storia è indefinita. Parla attraverso la sua eredità, si fa scoprire e resta nel mistero, affascina e spaventa. Conoscerla è complicato ma ciò che resta di lei è il dono più grande che potesse farci.
Il restauro è qualcosa che ci aiuta a non dimenticarci di lei, che ci aiuta a mantenere intatto il suo ricordo. In che modo? Tenendola viva.
Questa tecnica ha subito, nel corso del tempo, diverse modifiche, condizionata dalla cultura e dalla società. Cesare Brandi la definiva come “il momento metodologico dell’opera d’arte che nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della trasmissione al futuro“. Secondo la definizione del critico e storico dell’arte il restauro, allora, deve prendere in considerazione sia le caratteristiche materiali dell’opera d’arte che il contesto culturale e sociale all’interno del quale è stato realizzato.
Storia del Restauro
Il restauro è stato sempre influenzato dalla cultura e dalla religione e con esse è cambiato profondamente. Nel Medioevo, con la diffusione del Cristianesimo in tutta l’Europa, si è assistito ad un cambiamento drastico che ha visto una diversa concezione del tempo e il nuovo sostituire il vecchio nel nome del progresso. Molti edifici antichi furono modificati, alle volte smembrati, per un diverso utilizzo che se ne voleva fare. L’archeologo e storico dell’arte Settis divide l’approccio del Medioevo al restauro in tre distinte fasi: in continuità con il passato; di distacco con il passato; di conoscenza e studio del passato.
Nel ‘600 iniziano a diffondersi i manuali che riguardavano la pulitura e la foderatura dei dipinti, segnale che si iniziava a voler salvaguardare il passato. Sul finire del ‘700 iniziarono i primi studi storico-archeologici stimolati dalle scoperte delle antichità in seguito agli scavi di Pompei e di Ercolano. Fu in questo periodo che si assistette ad un cambiamento di approccio rispetto alle opere del passato (inizialmente solo per le opere antiche, più tardi anche per quelle del Medioevo). E’ in questo periodo che il restauro assume tutte le caratteristiche odierne.
In questa epoca si svilupparono due tendenze di restauro, una che prevede l’eliminazione delle lacune con l’utilizzo di materiale differente, in modo da essere riconoscibile; l’altra mette il restauratore nella posizione di doversi immedesimare con chi ha dato vita all’opera. In questo periodo, nel restauro dei dipinti, si impone la figura di Pietro Edwards, il papà del restauro in Europa.
Sul finire dell’800 si sviluppano in Italia due differenti concezioni di restauro: il restauro storico e il restauro filologico. Il primo si basa sulla necessità di integrare le opere e farlo con cognizione storica e culturale, il secondo sulla riconoscibilità dell’intervento. Sono due le figure che si impongono in questo periodo Giovanni Secco Suardo e Ulisse Forni, entrambi con un’idea conservativa di restauro.
Il ‘900 si apre con dei contributi fondamentali per il restauro. In Italia spicca quello di Gustavo Giovannoni, promotore di un restauro scientifico, inteso come la copartecipazione di specialisti, ognuno con il proprio specifico contributo. Con la fine della seconda guerra mondiale in Italia il restauro si trasforma in restauro critico che si basa sulla conservazione materiale e formale dell’opera oggetto di restauro. Negli anni settanta si sviluppa la Teoria della Conservazione che mira all’integrazione totale “del vecchio con il nuovo”, senza alcuna integrazione stilistica. Tra i massimi esponenti di questa corrente: Amedeo Bellini e Marco Dezzi Bardeschi.
Tipologie di restauro
Il restauro storico
I punti salienti di questo tipo di restauro sono:
– accentuazione degli aspetti filologici
– importanza della documentazione
– riconoscimento dei valori storici
“L’intervento deve arrestarsi dove incominciano le ipotesi” così lo definiva Luca Beltrami, capofila del restauro storico, allievo di Boito.
Restauro critico
Il restauro critico non si basa sulla documentazione e sulla storia, ma sulla critica. Solo dopo aver analizzato, giudicato e criticato la storia, il restauratore può liberarsi in un atto creativo. Attenzione questo non significa che il restauratore modifica a proprio piacimento l’opera, ma che esegue il restauro secondo una sua personale critica, per fare la quale deve essere dotato di:
– preparazione storico, artistica e architettonica
– competenza tecnica
– umiltà
Restauro filologico
Il restauro filologico si basa su un complesso di indagini che mirano a riportare l’opera d’arte alla sua forma originaria, eliminando gli errori ed interpretando il più precisamente possibile quale fosse l’intenzione dell’autore in quel periodo storico e in quell’ambiente culturale.
La cultura italiana e il suo primato nel restauro
Sin dal Rinascimento l’Italia e i suoi artisti hanno saputo farsi valere per i modelli di restauro che hanno messo a punto e proposto. I restauratori italiani sono sempre stati i più innovativi e i più seguiti. In alcune epoche collezionisti stranieri hanno addirittura deciso di venire in Italia per far restaurare le loro opere. Dopo la seconda guerra mondiale l’Istituto Centrale per il Restauro si è imposto a livello internazionale come uno dei più prestigiosi.